𝐋𝐚 𝐬𝐟𝐢𝐝𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐥𝐚 𝐧𝐚𝐭𝐚𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐩𝐚𝐬𝐬𝐚 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐦𝐢𝐠𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞

8 Apr 2025 | Uncategorized

Il 25 marzo si è aperto l’ultimo click day del decreto flussi, lo strumento con cui il Governo italiano pianifica gli ingressi di immigrati nel Paese per motivi di lavoro. Per tutta la giornata, le imprese hanno fatto domanda per far entrare in Italia lavoratori da Paesi extra UE: sommando tutti i click day del 2024, sono arrivate quasi 700.000 richieste, a fronte di 151.000 posti disponibili. Pochi rispetto alla domanda, ma comunque in aumento rispetto agli ultimi anni.

L’apertura ai flussi migratori è talvolta vista come soluzione al calo demografico, un problema enorme in Italia che impatta anche sulla sostenibilità del welfareMa aumentare gli ingressi regolari di persone straniere contrasta davvero la denatalità? E come stiamo gestendo il fenomeno in Italia?

Secondo Welfare ne ha parlato con Livia Ortensi, responsabile statistica della Fondazione Iniziative e Studi sulla Multietnicità (ISMU) e Ferruccio Pastore, autore del libro “Migramorfosi. Apertura o declino” e direttore di FIERI, associazione torinese che fa ricerca sui fenomeni migratori.

Le migrazioni in Italia: il contesto storico

Secondo gli ultimi dati ISMU aggiornati a inizio 2023, in Italia ci sono 5.775.000 stranieri, in leggero calo rispetto all’anno precedente. Di questi, tre quarti vengono da Paesi extra UE. Nel numero complessivo, ISMU comprende anche una stima delle persone irregolarmente presenti sul territorio italiano, che sarebbero l’8% del totale (458.000 persone), in diminuzione grazie all’avanzare delle ultime sanatorie. Negli ultimi 10 anni, il numero di stranieri presenti in Italia è rimasto sostanzialmente stabile, ma non è sempre stato così.

L’Italia è diventata un Paese di immigrazione straniera senza averlo previsto, senza calcolo e programmazione e senza nemmeno accorgersene spiega Pastore in riferimento ai grandi flussi in ingresso tra gli anni ‘80 e i primi anni ‘2000. Questi arrivi derivavano sia da dinamiche di mercato, come la precarizzazione di lavori sempre meno appetibili per gli italiani, e sia da fattori esterni, come la chiusura di altri sbocchi migratori tradizionali, per esempio la Francia ai marocchini.

Lungo gli anni Ottanta, Novanta e Duemila, spiega Pastore, non c’è stato un ragionamento politico sulle implicazioni demografiche delle migrazioni, solamente nei decenni più recenti si è cercato di dare risposta alla domanda di lavoratori e lavoratrici di cura per il crescente numero di anziani.

Quale impatto sulla natalità?

Mentre la prima ondata di migrazioni in Italia era in maggioranza maschile, dal 2000 sono arrivate soprattutto donne, in parte per ricongiungimento familiare, in parte per nuovi flussi da aree con migrazioni tipicamente femminili, come l’Est Europa, il Sud America o le Filippine.

L’arrivo delle donne ha fatto emergere il fenomeno dei nati di cittadinanza straniera spiega Livia Ortensi di ISMU. “Intorno al 2007, c’è stato un piccolo baby boom da parte delle persone straniere, dovuto a una questione storica di flussi che sono arrivati tutti insieme e nascite concentrate a seguito di un grande numero di ricongiungimenti e di formazione di nuove famiglie”.

La migrazione ha così giocato un ruolo importante nel rallentare l’inverno demografico italiano, e in parte lo gioca ancora: i 393.000 nati in Italia nel 2022, riporta ISMU, sono il 27% in meno rispetto al 2002, ma sono il prodotto di un aumento del 56% dei nati stranieri e una diminuzione del 33% di nati italiani. Tuttavia, questo impatto va gradualmente attenuandosi nel tempo, con il tasso di natalità (il numero medio di figli per donna) della popolazione straniera che si avvicina un po’ alla volta a quello degli italiani. Un fenomeno riscontrato anche da studi nel resto d’Europa.

“Gli italiani fanno in media 1,2 figli per donna, gli stranieri 1,9. Ma siccome per rimpiazzare una generazione il numero medio di figli per donna deve essere 2,1 gli stranieri di fatto non sono in grado di rimpiazzare nemmeno loro stessi dal punto di vista demografico spiega ancora Ortensi. In sintesi: è vero che, per una serie di ragioni, gli stranieri fanno più figli degli italiani, ma non questo non basta a risolvere i problemi di natalità italiani. Si limita a mitigarli.

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